9 Ottobre 2023

THRIVE — La misurazione dell’engagement “culture specific”

di Dino Torrisi

Non citerò Gallup per sottolineare, qualora ce ne fosse ancora bisogno, quanto l’engagement sia questione centrale in ogni azienda, in ogni contesto organizzativo e, anche, in ogni riflessione sociale (per chi volesse invece leggere cosa dice Gallup, qui lo State of the Global Workplace 2023 Report).

Chiunque lavori su trasformazione e innovazione organizzative, sullo sviluppo organizzativo e individuale, su ambiti collegati a HR e allo sviluppo delle persone sa bene quanto le buzzword talent e engagement (con apposizioni varie) non siano delle semplici parole ad alta diffusione ma dei punti focali per il futuro delle organizzazioni stesse. E, sempre di più, questa consapevolezza oggi è diffusa anche in chi ha responsabilità di business, destando l’interesse anche dei CEO meno attenti. Non più una roba da HR, insomma.

Con Futureberry negli ultimi 10 anni abbiamo lavorato a tantissimi progetti legati all’engagement e sviluppato un nostro approccio identitario alla misurazione e sviluppo “culture specific” dell’engagement che abbiamo chiamato THRIVE.

I PRESUPPOSTI

L’elemento fondante dell’approccio Futureberry si basa sulla consapevolezza che ogni organizzazione ha una propria cultura specifica e ciò determina un sistema di driver di engagement per le persone che è diverso da un’organizzazione all’altra. Semplice.

Obiettivo dell’approccio “culture specific” è comprendere la connessione cultura-engagement e progettare un sistema di misurazione dell’engagement che appunto rispetti e valorizzi l’unicità di ciascuna organizzazione, dei suoi tratti identitari e valoriali e consenta di costruire un piano di sviluppo dell’engagement basato su informazioni significative.

In più, se quando si parla di coinvolgimento si utilizzano termini come coinvolgimento, dedizione, appartenenza, significa che quando approcciamo la misurazione (e lo sviluppo) dell’engagement dobbiamo guardare ad aspetti comportamentali ma anche alle emozioni sottostanti.

THRIVE

Il modello THRIVE di Futureberry si snoda attraverso sette passaggi.

  1. CULTURA: identificazione dei tratti identitari e valoriali della cultura emergente (e di quella desiderata).

Nel report HR Time Travel che Futureberry ha pubblicato nel 2022, realizzato anche grazie alle interviste con 21 HRD di importanti aziende di diversi settori, sono identificati tre modelli culturali prevalenti nelle organizzazioni del futuro. Le organizzazioni carismatiche, le organizzazioni rizomatiche, le organizzazioni agonistiche. (Se siete curios*, potete approfondire leggendo il report completo qui)

A ciascun modello culturale corrispondono caratteristiche e sfide specifiche ed evidentemente leve di ingaggio delle persone differenti. È fondamentale, dunque, avere chiarezza del perché le persone raggiungono l’organizzazione e perché rimangono, felici di farlo.

Alcune domande a cui è necessario rispondere:
Quali sono i valori sottostanti che influenzano i comportamenti e il decision making nell’organizzazione?
Quali sono i profili attitudinali delle persone ricercate?
Quali sono gli stili di leadership prevalenti?
L’organizzazione è caratterizzata da una cultura prevalente o son presenti delle sottoculture altrettanto definite?

Il culture check avviene con diverse modalità che vanno dall’etnografia organizzativa e l’osservazione del contesto reale; all’analisi della comunicazione, dei simboli e degli artefatti; l’analisi del sistema di valutazione e del sistema premiante; l’ascolto diretto delle persone nell’organizzazione.

2. DRIVER: identificazione dei driver specifici di engagement in base alla cultura organizzativa.

Questo è il passaggio chiave in cui si identificano le leve motivazionali specifiche delle persone nell’organizzazione, al di là — o in integrazione — delle ricerche e degli articoli sulle motivazioni generiche di campioni ampi di popolazione e di generazioni (per la Gen Z è più importante il purpose dello stipendio; oggi le persone vogliono lavorare solo in remoto; per motivare le persone bisogna costruire dei piani di crescita personalizzati; etc.)

Anche in questo caso ci sono alcune domande su cui interrogarsi e a cui trovare una risposta:
Quali sono gli elementi rilevanti di motivazione per le persone nella nostra organizzazione?
Quali sono gli elementi rilevanti di motivazione per le persone che vogliamo attrarre?

Come farlo: con un ascolto privo di pregiudizi fatto di ricerche qualitative attraverso interviste individuali a panel di persone interne e raccolta di informazioni sulle exit interview. E anche confrontandosi con l’esterno attraverso benchmark con modelli tipici di culture organizzative analoghe.

3. MODELLI: definizione dei modelli di rilevazione

La fase 3 ha come outcome la progettazione dei modelli e del mix di strumenti di rilevazione da mettere in campo.

Le scelte chiave riguardano quattro aree, diverse per filosofia, impatto, profondità e sforzo richiesto:

Modelli di rilevazione primari (informazioni raccolte ad hoc) vs. modelli di rilevazione secondari (su dati esistenti)
Modelli di rilevazione diretta (es. survey) vs. modelli di rilevazione indiretta (es. data analysis, ONA, …)
Rilevazione di comportamenti (cosa le persone fanno), di percezioni (cosa le persone dicono), di emozioni (come le persone si sentono)
Strumenti standard vs. strumenti custom

4. PROCESSO: definizione del processo di raccolta delle informazioni

Anche in questo caso si tratta di identificare e definite, in coerenza con i modelli di rilevazione scelti e i driver specifici, il processo più efficace in termini di:

Frequenza: indagini pulse (brevi indagini ad elevata frequenza) vs. survey una tantum (es. annuali o biennali)
Target: target esteso (tutta la popolazione) vs. target specifici (per popolazioni o per campioni)
Profondità: analisi quantitativa su dati comportamentali o di percezione e/o mappatura del complesso di emozioni prevalenti nell’organizzazione (la profondità dell’indagine dipende anche alle decisioni su frequenza e target)

5. RILEVAZIONE: attività di rilevazione dei dati

Dopo la progettazione e la definizione del processo, l’effettiva somministrazione delle survey — o degli altri strumenti identificati — è accompagnata da un’attività di sense making e comunicazione interna per aumentare i dati di diffusione e penetrazione.

6. STRATEGIA: definizione della strategia di engagement

Definire la strategia di engagement significa chiarire due grandi pilastri come obiettivi e strumenti.

Obiettivi: quali risultati si vogliono ottenere, su quale popolazione, in quanto tempo, con quali indicatori misurare l’efficacia

Strumenti: qual è il mix di strumenti da attivare.
Su questo punto, è importante sottolineare che l’engagement è il risultato di un sistema di elementi che incide sul livello di coinvolgimento emotivo delle persone:

Coerenza tra il sistema valoriale (purpose è un altro termine che piace molto) dichiarato e quello realmente perseguito
Organizzazione e processi
Stili di leadership e stili relazionali
Sistema di remunerazione e di benefit non monetari
Sistema di performance management, di valutazione e di riconoscimento
Percorsi di crescita e attività a sostegno dello sviluppo
Spazi e ways of working
Comunicazione interna
Attività di coinvolgimento delle persone
Eventi interni e off site

Insomma, non si sviluppa davvero l’engagement semplicemente facendo “attività di engagement”.

7. AZIONI: definizione del piano di azione

Il piano di azione definisce le attività specifiche da implementare e i tempi; la progettazione delle attività; la loro implementazione; la misurazione dei risultati.

Solo a titolo di esempio, le azioni possono riguardare la ridefinizione delle ways of working, la riprogettazione degli spazi, l’evoluzione del sistema di performance management, l’attivazione di eventi di coinvolgimento, il rafforzamento della comunicazione interna, lo sviluppo di progetti di formazione e di talent management.

Post originariamente pubblicato su Medium qui